Giudici
Nordic Walking

LA REGOLA DELLE TRE “E” : EQUITA’, EQUILIBRIO ED ETICA

 

Le qualità e le doti che un buon Giudice di Gara dovrebbe avere, qualsiasi sia il campo di applicazione e lo sport praticato, sono equità, equilibrio ed etica. Questo tre sono virtù, o meglio requisiti, legate indissolubilmente tra di loro, sono le fondamenta e le basi di lavoro di qualsiasi giudice sportivo.

Vediamole una ad una per capirne i contenuti e l’importanza in gara e fuori gara.

-                 Equità : letteralmente, dal dizionario, la potremmo definire come la virtù che consente l’attribuzione o il riconoscimento di ciò che spetta al singolo in base ad un’interpretazione umana e non letterale della giustizia. Il significato sostanzialmente vede il criterio equitativo di un giudizio come la possibilità per un giudice di modulare il contenuto della sua decisione tenendo conto delle peculiarità del caso concreto, che la decisione secondo diritto non avrebbe potuto salvaguardare adeguatamente. Per capire meglio il concetto sarebbe opportuno identificare quali sono le doti contrarie all’equità ovvero inesorabilità, inflessibilità, severità e rigidità.

Applicando quindi la regola di equità nel giudizio di una prova di Nordic Walking, ovvero usando una flessibilità di giudizio basata sul buonsenso e la concretezza, il giudice di gara potrebbe, vedendo un atleta in postura eretta, che plausibilmente potrebbe sforare l’inclinazione massima consentita in avanti di 3-5 cm, sceglie di usare equità e spirito pratico nel trovare il giusto compromesso nella sua valutazione. Resta fermo comunque l’onere, in capo al giudice e una volta stabilito un canone di lavoro in tal senso, di mantenerlo anche nella valutazione dei walkers successivi. Tutto ciò si rifà quindi ad un modello di equilibrio che andiamo a sviscerare.

-       Equilibrio: la definizione dell’aggettivo equilibrato significa precisamente restare in equilibrio, in modo stabile e quasi statico, ovvero non prendere le parti di nessuno.

Nell’andare a giudicare un partecipante, il giudice non andrà a valutare la persona, ma andrà a concentrarsi sul suo pettorale e sull’esecuzione della mera tecnica. Non deve avere rilevanza se quella persona è più o meno conosciuta, o addirittura un amico. L’atleta non deve essere per noi un’etichetta con un nome e un cognome impresso ma piuttosto un numero che va valutato secondo logica di sobrietà ed equità. Un giudice in campo di gara deve mettere in atto uno schema, un canone, un proprio dettame nel giudicare l’esecuzione della tecnica. Sono i movimenti effettuati dall’atleta nel suo passaggio ad essere interessati dalla valutazione e null’altro.

 

-       Etica : il valore principale su cui una persona dovrebbe sempre fondarsi nella vita, indipendentemente dal ruolo che svolge. Nel linguaggio filosofico è ogni dottrina o riflessione speculativa intorno al comportamento dell’uomo, soprattutto in quando intenda indicare quale sia il vero bene e quali mezzi abbia per perseguirlo.

 

Comportarsi in modo etico significa fare scelte che incarnano un comportamento giusto piuttosto che un comportamento sbagliato.

 

Spesso in un campo di gara si incontrano atleti che possono o non possono piacerci, con i quali potremmo aver avuto qualche discussione o avere mera antipatia a pelle. Dall’altra parte potrebbe invece trovarsi si fronte ad un compagno di squadra, con il quale esce ogni settimana a praticare la disciplina e che vorrebbe tanto veder vincere in quella gara.

Il giudice di gara deve essere un organismo super partes, in grado di discernere e di usare obiettività nel suo lavoro. Questo nel rispetto di tutti i partecipanti che vorrebbero in cuor loro essere giudicati con lo stesso metro di misura con cui vengono giudicati tutti gli altri, indipendentemente dal colore della casacca che portano o da simpatie o antipatie intercorse.

 

Potremmo quindi riassumere le tre “e”, fulcro sulle quali ruota il lavoro di un giudice, sotto un unico grande mantra: se vuoi essere rispettato porta tu per primo il rispetto.

 

Elsa Menegolli